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Fare yamadori su un pino può regalarti un bonsai potente, ma solo se fatto nel momento giusto e con le giuste precauzioni. Ecco cosa sapere prima di iniziare.

Perché il pino è un caso particolare

Fare yamadori, ovvero il prelievo in natura di un albero per trasformarlo in bonsai, è una pratica affascinante, quasi mistica. Ma quando si parla di pino, la questione si fa ancora più delicata.

I pini, con le loro radici profonde, la resina abbondante e la struttura coriacea, rappresentano una sfida che mette alla prova anche i bonsaisti più esperti. Ma proprio per questo, riuscire ad ottenere un bonsai di pino da yamadori è una deScorcio di montagna, con pino che cresce tra rocce o in suolo poverolle conquiste più soddisfacenti in assoluto.

Attenzione: Prima di tutto, è importante ricordare che fare yamadori non è sempre legale. In molte regioni italiane (e in molti paesi), il prelievo di alberi spontanei è vietato o soggetto ad autorizzazioni specifiche, per la tutela del patrimonio naturale.
Agire senza permesso può comportare sanzioni molto gravi.
Prima di qualsiasi intervento, informati presso l’ente forestale o il comune di riferimento. Raccogli solo dove è legalmente concesso e con rispetto verso l’ambiente.

Con questa premessa fondamentale, entriamo nel cuore del tema: quando è il momento giusto per fare yamadori di un pino? E quali sono i passaggi essenziali per massimizzare le probabilità di successo?


️ Il momento perfetto per fare yamadori di pino

Sbagliare il momento significa quasi certamente perdere la pianta. Il pino non perdona.

A differenza di altre essenze, i pini reagiscono lentamente ai traumi radicali. Hanno bisogno di temperature miti, condizioni stabili e di una fase vegetativa ben gestita. Il periodo migliore per fare yamadori di pino è quindi all’inizio della primavera, subito dopo la fine del gelo, ma prima della ripresa vegetativa piena.

Finestra ideale in Italia:
Da metà marzo a metà aprile, a seconda della regione e dell’altitudine.
In zone di montagna, può slittare fino a fine aprile o maggio.

Perché questa finestra?

  • Il terreno è umido ma non ghiacciato.

  • L’albero è ancora in fase “dormiente”, ma pronto a riattivarsi.

  • Le radici hanno tempo di rigenerarsi prima del caldo estivo.

Evita:

  • L’estate (troppo stress idrico)

  • L’autunno (radici non attecchiscono in tempo)

  • L’inverno (terreno ghiacciato, vitalità ridotta)

Consiglio da esperto:
Anche se il pino è sempreverde, segue ritmi interni stagionali molto precisi. Se il tuo yamadori viene fatto fuori tempo, può sembrare “vivo” per mesi… ma morire lentamente per shock radicale.

Studia il terreno e il clima della zona

Lo yamadori inizia prima ancora di impugnare una vanga.

Esempio di habitat ideale per yamadori: pino su terreno roccioso

Scorcio di montagna, con pino che cresce tra rocce o in suolo povero

Se vuoi dare una vera chance di sopravvivenza al tuo pino, devi conoscere bene il contesto in cui cresce. I pini si adattano a diversi ambienti, ma quelli migliori da prelevare sono quelli che:

  • crescono in terreni poveri, poco profondi o rocciosi;

  • sono esposti a stress naturali (vento, neve, siccità) che ne hanno già “modellato” l’aspetto;

  • si trovano in zone facilmente accessibili, per minimizzare i traumi nel trasporto.

Perché è importante il terreno?
In un suolo roccioso o sabbioso, le radici tendono a svilupparsi orizzontalmente, più vicine alla superficie. Questo le rende molto più facili da estrarre integre, rispetto a quelle che si sviluppano in profondità in terreni ricchi e morbidi.

E il clima?
Se il tuo yamadori avviene in una zona dove l’inverno è lungo e rigido, la finestra utile si riduce. Viceversa, in regioni miti puoi sfruttare un periodo più ampio, ma attenzione alle gelate tardive che possono uccidere radici appena lesionate.

Strumenti utili:

  • App meteo con previsioni dettagliate a 10-15 giorni;

  • Mappe altimetriche o geologiche;

  • App di identificazione delle specie;

  • Diario personale delle escursioni con annotazioni climatiche.


Valuta la salute del pino

Non tutti i pini “selvatici” sono adatti allo yamadori. Prelevare una pianta già compromessa è una condanna certa.

Ecco i segnali che indicano una pianta adatta:

  • Aghi verdi e uniformi, senza ingiallimenti né punte secche.

  • Gemme sane, compatte, ben formate.

  • Nessuna presenza di resinosi anomali (secrezione eccessiva di resina, segno di stress).

  • Tronco ben ancorato, nessuna instabilità alla base.

  • Forma naturale interessante, magari già bonsaistica (tronco sinuoso, nebari visibile, movimento del legno).

Evita invece:

  • Pini “soffocati” dalla vegetazione;

  • Esemplari malati, con funghi, cavità, rami secchi diffusi;

  • Alberi troppo giovani o troppo grandi (difficili da trasportare o trapiantare);

  • Esemplari che sembrano “belli” ma sono cresciuti in zone impossibili da scavare senza danneggiarli.

Ricorda: lo yamadori è un atto di rispetto. Non si “ruba” alla natura, si dona una seconda vita a una pianta che ha già una storia.


Prepara gli attrezzi giusti

Lo yamadori è fisico, spesso faticoso, ma va affrontato con cura chirurgica.

Ecco gli attrezzi essenziali da avere con te:

Strumenti da scavo:

  • Vanga stretta o pala pieghevole (tipo militare)

  • Piccone leggero

  • Cazzuole per precisione

✂️ Strumenti da taglio:

  • Tronchese per radici

  • Sega pieghevole

  • Forbici da potatura robusta

Accessori di protezione e conservazione:

  • Guanti da lavoro spessi (ma sensibili)

  • Spruzzino o tanica con acqua

  • Rete ombreggiante per avvolgere la zolla

  • Secchi o contenitori traspiranti (tipo crate in plastica)

  • Pasta cicatrizzante o mastice

Non dimenticare:

  • Cordini o cinghie per il trasporto

  • Sacchetti o tela juta per proteggere le radici

  • Disinfettante per lame e mani

  • GPS o app di tracciamento (se ti addentri in natura)

Extra pro: Porta con te anche una piccola zappetta giapponese (kuwa), perfetta per scavare vicino alle radici con precisione millimetrica.

Pretrattamento: radici e irrigazione (da fare settimane prima)

Una delle strategie più efficaci per aumentare le probabilità di attecchimento è iniziare a lavorare sull’albero molto prima del giorno dello scavo.

Quanto prima?
Idealmente da 4 a 8 settimane prima, nel tardo inverno, quando l’albero è ancora in dormienza.

️ Cosa fare:

  • Scava intorno all’albero a una distanza di 20–30 cm dal tronco, formando un cerchio profondo circa 20 cm.

  • Taglia alcune radici laterali, lasciando intatta la parte centrale, per stimolare la crescita di nuove radici fini più vicine al tronco.

  • Riempilo con terra leggera o sabbia, che favorisce la radicazione.

  • Irriga con regolarità nelle settimane successive, per mantenere umido il terreno.

Questo metodo è chiamato “pre-bonsai field conditioning”: ti aiuta a creare una futura zolla compatta e ricca di radici fini, indispensabile per il trapianto.

Nota bene: Questa fase è solo possibile se il pino si trova in un’area che conosci e puoi visitare più volte. Non applicabile per yamadori “one shot”.


Agisci nel giorno giusto (meteo, umidità, luna?)

Anche il giorno scelto per fare lo yamadori influisce sul successo finale. Agire nel momento sbagliato può vanificare mesi di preparazione.

☀️ Cosa controllare:

1. Meteo

  • Giornata nuvolosa o leggermente piovosa = ✅

  • Giornata secca, calda o ventosa = ❌

  • Evita giorni precedenti o successivi a gelate notturne

2. Umidità del terreno

  • Il terreno deve essere umido, ma non zuppo.

  • Se è troppo secco, irriga 1-2 giorni prima.

3. Fasi lunari (per chi ci crede)

  • Alcuni bonsaisti preferiscono agire in luna calante, quando la linfa “scende” e l’albero è più stabile.

  • Non c’è una conferma scientifica, ma molti giurano che aiuta.

Pro tip: Agisci la mattina presto, così puoi controllare la pianta nel pomeriggio e proteggerla da subito.


Estrai con cura e proteggi subito le radici

La fase critica. Questo è il momento in cui l’albero viene strappato al suo equilibrio naturale. Ogni gesto conta.

Passaggi essenziali:

  1. Scava attorno alla zolla predefinita, cercando di ottenere un panetto compatto (30–40 cm di diametro se possibile).

  2. Taglia con precisione le radici esterne, senza strappi.

  3. Se alcune radici vanno tagliate “a crudo”, usa tronchese affilato e pasta cicatrizzante.

  4. Evita assolutamente di scuotere il tronco o sollevare l’albero tirandolo.

  5. Una volta libera, avvolgi subito la zolla in tela di juta o panno umido.

Proteggi dalle correnti d’aria, anche durante il trasporto: le radici esposte si seccano in pochi minuti.

Extra: Se hai tagliato rami durante l’estrazione, sigillali con mastice. Non potare pesantemente subito: l’albero ha bisogno di tutte le sue energie.


Trasporto, trapianto e fase di recupero

Questa è la fase in cui si gioca il destino del tuo yamadori.

Trasporto:

  • Evita urti, sbalzi termici e scosse.

  • Fissa la pianta in una cassa o contenitore ampio.

  • Mantenila umida, avvolta e all’ombra.

Trapianto provvisorio:

  • Usa casse forate, cassette di plastica o di legno, con drenaggio eccellente.

  • Substrato consigliato: 80% pomice / 20% akadama, o solo pomice grossolana.

  • Non concimare nelle prime 4-6 settimane.

Fase di recupero:

  • Posiziona il pino in luogo riparato, senza sole diretto né vento.

  • Irriga solo quando necessario, senza ristagni.

  • Dopo 4-6 settimane, valuta se iniziare una concimazione molto leggera (organico a lento rilascio).

  • Nessuna potatura né lavorazioni per il primo anno.

Tempi di attecchimento:
I pini sono lenti. Anche se sembrano stabili dopo pochi mesi, non toccarli prima di 12–24 mesi.

Molti bonsaisti di alto livello preferiscono lasciare il pino indisturbato anche per 3 anni, prima di qualsiasi impostazione.


Errori comuni da evitare nello yamadori di pino

⛔ Sottovalutare l’impatto del trapianto
⛔ Tagliare troppe radici fini
⛔ Usare substrati sbagliati o troppo ricchi
⛔ Potare pesantemente durante il recupero
⛔ Esposizione al sole nelle prime settimane
⛔ Non rispettare i tempi: il pino “muore lentamente”

Lo yamadori non è un’azione impulsiva, è una pianificazione strategica e rispettosa.


‍♂️ Conclusione: la pazienza premia

Lo yamadori di pino è un viaggio. Dalla montagna al vaso, dalla natura selvaggia alla raffinatezza bonsaistica, ogni fase va vissuta con attenzione, etica e lentezza.

✅ Se agisci nel momento giusto,
✅ se prepari con cura ogni dettaglio,
✅ e se rispetti la pianta e le sue esigenze,
le tue possibilità di successo crescono in modo esponenziale.

E non dimenticare: verifica sempre la legalità dello yamadori nella tua zona. Alcuni territori richiedono permessi, altri lo vietano completamente.
Raccogli solo dove è consentito. Non è solo una questione legale, ma morale.


FAQ – Domande Frequenti

Posso fare yamadori di pino in estate?
No, è fortemente sconsigliato. Il caldo estivo stressa l’albero e rende quasi impossibile l’attecchimento.

Qual è il miglior tipo di pino per iniziare?
Il Pinus sylvestris (pino silvestre) è spesso usato. Ha aghi corti, legno interessante e buona resistenza. Ma ogni specie ha peculiarità diverse.

Posso usare akadama pura per il primo vaso
Meglio no. I pini preferiscono substrati molto drenanti. La pomice è più sicura per le prime fasi.

Quando posso iniziare a piegare o impostare i rami?
Mai prima di 12 mesi. E solo se la pianta ha mostrato segni chiari di ripresa (germogli nuovi, crescita attiva).

Posso fare yamadori in un bosco pubblico?
Solo con permessi espliciti. In caso contrario, è vietato e punibile con sanzioni.